Alberto Grandi nell'occhio del ciclone: la cucina italiana non si tocca?
Il professor Alberto Grandi di DOI: Denominazione di Origine Inventata è finito nell'occhio del ciclone. Dopo la sua intervista al Financial Times qualcuno ha gridato allo scandalo. A quanto pare la cucina italiana non si tocca.
Tutti ne parlano
Il professor Alberto Grandi è nel pieno di una tempesta mediatica, con l'accusa di aver denigrato, svilito, offeso, dissacrato nientepopodimeno che la cucina italiana.
Ci sono cose in Italia, tipo il tiramisù, che sono inviolabili, più dei diritti e più della legge: il buon cibo della tradizione non si tocca, altrimenti che ne sarà della memoria delle nostre nonne? La questione è rovente e non coinvolge solo il popolo dell'Instagram o di Facebook, che sappiamo essere affamato di polemiche, ma è rapidamente diventata un tema d'interesse politico/economico che rimbalza tra quotidiani, telegiornali e programmi TV.
Partiamo dal principio: chi è Alberto Grandi?
Questa storia comincia parecchio tempo prima che chi ha fatto scoppiare la polemica si destasse dal proprio torpore atavico, con la pubblicazione di DOI: Denominazione di Origine Inventata nel 2018. Il libro sfata alcuni miti legati ai piatti della nostra tradizione e ai nostri prodotti tipici. Alberto Grandi, infatti, è uno storico e professore associato all'Università di Parma, che sta dedicando gran parte del suo lavoro a rimettere insieme i pezzi per raccontare la verità, nient'altro che la verità, sulle origini della nostra cucina.
Purtroppo scavando è emerso che molte delle nostre convinzioni relative alla storia dei cibi che identificano maggiormente l'Italia non sono vere. È il caso della carbonara, della pizza o del Parmigiano Reggiano.
Dopo il libro, queste ricerche si sono trasformate in un podcast, che è già alla sua terza stagione. Io ve ne ho parlato addirittura a settembre dell'anno scorso su Vita su Marte, consigliandovelo calorosamente.
Il fatto: Alberto Grandi e l'articolo sul giornale inglese
Vi ricordate la scena della Bella e la bestia in cui Gaston impugna un forcone e incita il piccolo (in tutti i sensi) popolo del villaggio ad andare a catturare la bestia? Salvini domenica ha fatto più o meno lo stesso sui suoi canali social con il professor Grandi. Il suo piccolo popolo all'inizio si riduceva a circa un migliaio di commenti e qualche giornalista indignato, ma oggi tutti ne parlano.
Il fatto in breve: il professor Alberto Grandi ha concesso una lunga intervista al Financial Times. Il contenuto non è diverso da ciò che racconta da anni, ma questa volta è andato a dirlo agli inglesi. Come si è permesso?
A tal proposito, quindi, il Ministro delle infrastrutture Matteo Salvini ha scritto: "Nutriscore, insetti e ora anche "esperti" e giornali invidiosi dei nostri sapori e della nostra bellezza. Comprare, mangiare e bere italiano fa bene alla salute, al lavoro e all'ambiente."
Con questa affermazione si è creato, a parere mio, un gap di comunicazione catastrofico.
Forse, prima di scrivere ciò, il Ministro avrebbe dovuto aprire il computer e cercare di capire chi diamine è Alberto Grandi o ascoltare una puntata random del suo podcast su Spotify, perché si sarebbe reso conto che il professore non intende dire che la cucina italiana è tutta fuffa o fa schifo, ma solo divulgare delle informazioni storiche, quindi anche comprovate, sui nostri alimenti e piatti della tradizione.
Pioggia di approssimazione e bufera di critiche
La coda del tornado ovviamente è popolata da altri articoli di giornale, dai servizi ai telegiornali e da La vita in diretta del 27 marzo: l'introduzione del servizio di Alberto Matano si è conclusa così: "Insomma, tutto quello che credevamo sui nostri piatti più famosi, fiore all'occhiello della nostra cucina, è in realtà solo un grande errore? O forse queste ricostruzioni potrebbero essere così fantasiose da strapparci un sorriso e farci a nostra volta ipotizzare che l'hamburger potrebbe essere nato in Sicilia?". Secondo voi è normale?
Ve lo riporto perché a me il modo con cui questo tema è stato trattato ha turbato veramente parecchio. Al grido di "Tutta invidia" o "Noi siamo più bravi" non c'è stato nessun approfondimento, né intenzione di andare a comprendere meglio perché il professor Grandi ha deciso di divulgare tali informazioni. Ma allora perché parlarne?
Una cosa che traspare da questo frammento di puntata, però, secondo me, è proprio la dimostrazione che c'è stato un enorme misunderstanding tra il professore, Salvini e il resto del Paese.
Non capisco tutta questa indignazione
Grandi ha anche raccontato che alcuni prodotti ipermega iconici della nostra cucina sono invenzioni da supermercato, come il panettone. Che gli è saltato in mente?
Leggendo l'articolo di Massimo Balsamo, quello il cui titolo ha condiviso Salvini nei social, che definisce l'intervista di Grandi "L'ennesima sparata al made in Italy", mi chiedo: che c'è di male se è stato il signor Motta a creare il panettone per come lo conosciamo e mangiamo oggi? Non era anche lui un italiano e non è diventato parte centrale delle nostre tradizioni natalizie il suo panettone? È veramente sconveniente ammettere che questo prodotto sia "figlio" dei supermercati? Di cosa ci dovremmo mai vergognare?
E poi ancora: ok la carbonara è nata con l'arrivo dei soldati americani in Italia alla fine della Seconda Guerra Mondiale, con quelli che sono gli ingredienti della loro prima colazione - uova e bacon - e la prima ricetta ufficiale è scritta in inglese. E allora? Cosa ci toglie veramente questo dato storico?
La risposta l'ha data il professor Grandi dicendo che "Bisogna distinguere tra radici e identità" sono due cose diversissime, ma l'una non esclude l'altra. Anche la polemica alla quale stiamo assistendo oggi è solo una questione di prospettiva della narrazione.
Dall'altra parte: cosa si cela dietro a questa indignazione
Nel 2022 l'export agroalimentare italiano è aumentato del 17%, raggiungendo i 60,7 miliardi di euro. A trainare questo record storico sono state le punte di diamante della dieta mediterranea: pasta, vino e ortofrutta fresca. Questi dati c'entrano tutto e niente con ciò che sostiene Grandi, ma sono la ragione per la quale Salvini e Coldiretti si sono esposti così tanto adesso nel criticarlo e non prima.
Passi il libro e passi il podcast, ma l'intervista di Grandi è stata presa come un oltraggio a tutto quello che abbiamo costruito intorno alla cucina italiana in questi anni e, lo dice Grandi stesso, parte di queste storie sono state create proprio per questione di marketing.
Quindi il punto è: la verità è sacra, ma il nostro export e il nostro turismo si fondano anche sulla solida e ottima reputazione della nostra cucina. Non ha mai fatto un mistero il professore di essersi inimicato i consorzi negli anni, perché smentiva alcuni punti chiave della storia dei loro prodotti. Coldiretti nel 2022 ha censito ben 5450 specialità, i "tesori del made in Italy". Siamo nella terra dove tutto è tutelato, tra presidi Slow Food, marchi Igp, Dop, Doc e chi più ne ha più ne metta, non è solo amore per il nostro cibo, è business.
E per finire la candidatura UNESCO
A tal proposito, l'intervista di Grandi cade proprio nei pressi della candidatura della cucina italiana a Patrimonio UNESCO ed è un altro problema. Il professore non è per nulla convinto di questo passo, ma ho letto che sta collaborando a un manuale sull'alimentazione con Massimo Montanari, storico dell'alimentazione a livello internazionale, nonché presidente del comitato scientifico a sostegno della candidatura.
Si è arrivati a dire, addirittura, che l'intervista di grandi facesse parte di un complotto e anti-candidatura UNESCO, sfiorando la follia a parere mio.
Gli studi del professor Grandi cosa ci insegnano?
Siamo un popolo di migranti, da sud a nord, dall'Italia all'America. La nostra cucina è vasta, ricca e, sì, fortemente contaminata.
Gli italiani d'America hanno reso identitaria la nostra cucina e hanno contribuito ad accrescere il benessere nel paese che avevano lasciato con tanto sacrificio. Il boom economico, poi, ha fatto il resto, dando vita alla cucina casalinga "del benessere". Qui si spiega come mai il parmesan del Wisconsin sia più simile al parmigiano dei nostri avi, rispetto all'ottimo, nonché superiore direi, Parmigiano Reggiano Dop.
Se posso dire la mia, io sono cresciuta in una famiglia di meticci, le mie origini si muovono dalla Sicilia, al Veneto, fino alla Somalia. Non mi ha mai turbata il fatto che uno dei miei piatti della tradizione familiare fosse il riso con il pollo al curry o che mia madre fosse bravissima a preparare la caponata, ma meno ferrata sui piatti veneti anche se è nata a Feltre. Per me la contaminazione è sempre stata sinonimo di ricchezza e credo che la storia sia più preziosa del racconto. Se ci abbandonassimo a quest'idea, lasciandoci alle spalle un gastronazionalismo senza senso, scopriremmo che la narrazione non perderebbe efficacia, anzi, si arricchirebbe di dettagli interessanti.