Mimì in Cocotte

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Gabriele Bonavera interpreta i 5 gusti con tela e colore

Gabriele Bonavera è un artista e designer siciliano, nato e cresciuto a Messina. Anche lui a un certo punto ha lasciato la sua terra, lavorando come illustratore e graphic designer in diversi posti d'Italia per poi trasferirsi a Milano, dove abita e lavora ancora oggi. Qualche tempo fa ho scoperto che Gabriele ha creato una splendida collezione di opere dedicate alla rappresentazione dei sapori. Ovviamente questo mi ha incuriosita e l'ho intervistato per scoprire meglio il suo progetto.

Tra le arti anche lei: la cucina

Il Maestro Gualtiero Marchesi scriveva che “Appetibilità è la facoltà dei cibi di farsi desiderare prima di essere mangiati“. Il cibo è direttamente collegato alla forma, al colore, al contesto e all’estetica. Si dice spesso: mangiamo prima con gli occhi.

Nella storia arti visive e arte culinaria hanno sempre attinto l'una dall'altra, dai tempi in cui lo chef Antonin Carême sosteneva che: "Esistono cinque Arti belle: la Pittura, la Poesia, la Musica, la Scultura e l'Architettura, la cui branchia principale è la Pasticceria". 

L'uomo ha sempre rappresentato il cibo, i geroglifici del passato già ritraevano le scene di caccia, poi si sono ritratti i banchetti, le nature morte e solo più recentemente il cibo stesso è diventato uno strumento con il quale produrre arte, pensiamo alla Double Mona Lisa fatta di marmellata e burro di arachidi di Vic Muniz. Insomma, il cibo e l'arte sono intrinsecamente collegati, questo con ottime probabilità perché mangiare è un istinto primordiale, una necessità fisica alla quale non possiamo in alcun modo rinunciare. E se artisti e poeti hanno celebrato l'amore, un sentimento puro fatto in buona parte di una componente istintiva e, per tutti, un valore irrinunciabile, figuriamoci se avrebbero mai potuto trascurare la fame. L'hanno elevata, resa astratta, interpretata e raccontata in modi molto differenti nel corso della storia, ma le hanno dedicato grande attenzione.

L'arte culinaria, d'altro canto, ha ripagato decorandosi secondo canoni estetici, attingendo proprio dal mondo dove la figura e le proporzioni sono un tutt'uno con il messaggio.

I gusti del cibo secondo Gabriele

Come diversi artisti nel corso della storia, quindi, anche Gabriele Bonavera si è sentito attratto dal mondo del cibo e ha cercato di interpretare il gusto in una collezione di 5 tele circolari, come un piatto. Attraverso un linguaggio astratto fatto di colore e gesti, ciascuna tela rappresenta un gusto: dolce, salato, amaro, acido e umami. Il progetto si chiama Gusti astratti e ce lo racconta nelle prossime righe.

 

L'intervista

Cos’è Gusti astratti?

Gusti Astratti è un punto di incontro. Un progetto nato dalla volontà di valorizzare e coniugare due espressioni artistiche, l’arte e la cucina, in modo da valorizzarsi a vicenda.
Ho sempre creduto che l’arte astratta sia il mezzo espressivo perfetto per me per esprimere qualcosa di intangibile e di indefinito. Una sensazione, un profumo, un sapore, a mio giudizio, sono perfetti per essere raccontati attraverso questa tecnica. Ognuno di noi ha una propria chiave interpretativa del mondo che ci circonda e in questo senso ciò che rende me diverso da te è il modo in cui, ad esempio, visualizzo un odore o un sapore. Certamente il sapore sarà dolce, salato o amaro ma ognuno di noi produrrà una propria immagine mentale.

In questo senso l’arte astratta è perfetta per suggerire senza definire. Ti indirizza verso qualcosa ma non ti obbliga a percorrere una sola strada. Quello che voglio, in tutto il mio lavoro, è sempre rendere lo spettatore cosciente dell’importanza enorme del suo ruolo nell’arte: la capacità di rendere un’opera sempre diversa e viva attraverso un’interpretazione personale.

Gabriele Bonavera arancini

Non è la prima volta che arte e cibo s’incontrano nel tuo lavoro: come si mescolano questi due elementi nel tuo immaginario e da dove prendi ispirazione?

Faccio una premessa: sono siciliano. Noi siciliani con il cibo abbiamo un rapporto particolare: non è solo nutrimento e esaltazione delle materie prime, ma anche uno dei tanti mezzi per apprezzare e godersi la vita, stare insieme, dimostrare affetto verso un’altra persona.

Per me il cibo rappresenta anche le mie radici. È quella cosa alla quale penso ogni volta che atterro a Catania, quando vado al mercato a scegliere il pesce o quando ceno la prima sera con la mia famiglia dopo mesi di assenza.

Da anni ormai vivo lontano dalla Sicilia e questa distanza ha dato ancora più valore ai sapori che fanno parte della mia storia, portandomi a tirare fuori - attraverso l’arte - questa parte di me. In diversi progetti ho espresso la mia passione per il cibo, per raccontare chi sono e quali sono le mie origini. Devo anche dire che il cibo in Sicilia attribuisce di per sé molta importanza anche alla parte estetica, soprattutto nel campo della pasticceria: basti pensare ai vari dolci, alla frutta martorana o alla cassata.
È un tipo di rapporto e rispetto nei confronti del cibo con il quale ho convissuto da sempre. 

 Gabriele Bonavera arancini brioche tuppo

Gabriele Bonavera testa di brioche 1

Gabriele Bonavera testa di brioche

Gabriele Bonavera bianco nero

Dove vuole arrivare questo progetto?

Ho immaginato Gusti Astratti per vivere all’interno dei ristoranti o luoghi in cui il cliente avesse un diretto rapporto con il cibo. La mia idea è che la persona potesse gustare al tempo stesso il cibo con gli occhi e con la bocca, per creare un’esperienza ancora più intensa. In tal senso vedo perfettamente in linea con il progetto i ristoranti stellati, luoghi in cui il sapore prende forma attraverso veri e propri artisti quali sono gli chef che rendono questi luoghi delle eccellenze.

Cosa hai portato in mostra all’esposizione da poco inaugurata a Milano?

La mostra collettiva Be the Change, organizzata da ArteMida Experience, è stata la prima mostra in cui ho presentato la mia arte astratta. Ho presentato due opere che a mio giudizio esprimevano in modo duplice e opposto il tema filo conduttore della mostra: la sostenibilità e il rapporto uomo-ambiente.
Le due tele 50x70 esprimono con tecnica astratta due approcci che l’uomo può avere nei confronti dell’ambiente che lo circonda: uno in contrasto e l’altro in perfetta armonia.
La prima opera, GB24, che gioca su tratti visivi netti e spigolosi e colori scuri, suggerisce un approccio contrastante, mentre la seconda, 42BG, attraverso linee morbide e colori variopinti e sfumati dolcemente, trasferisce sensazioni di armonia e sintonia. Anche i titoli, scritti in modo speculare, sono stati funzionali ad esprimere questa opposizione. Tutti i titoli delle mie opere astratte sono scritti come fossero delle sigle fatte da lettere e numeri: questo mi serve per non vincolare in alcun modo l’interpretazione dello spettatore che guarda una mia opera. Non voglio dare un mio punto di vista o suggerire un’immagine che inevitabilmente vincolerebbe la sua interpretazione, ma voglio lasciarlo totalmente libero. In questo modo il suo ruolo risulta di fondamentale importanza, perché non solo ne esalta la sua unicità come individuo, ma rende l’opera sempre diversa in relazione a chi la osserva.

È questo il ruolo che per me dovrebbe avere l’arte nella società contemporanea: rendere l’individuo cosciente della sua unicità.

Gabriele Bonavera astratto 1

Gabriele Bonavera astratto 2

Come è entrata l'arte nella tua vita?

Il ricordo più lontano che ho del mio approccio con l’arte risale all’età di 3 anni. Non lo dimenticherò mai perché ho ancora la prova concreta del primo ritratto che ho fatto a mio zio! Spesso mi capitava di passare il tempo a casa dei miei zii, che per distrarmi mi mettevano davanti a penne e colori di ogni tipo. Come ogni bambino della mia età amavo molto disegnare casette, animali e bambini dalle forme più strane.
Crescendo ho poi cominciato a copiare e disegnare cartoni animati e questo mi ha permesso di affinare meglio il tratto e crearmi una sorta di “archivio di segni” che pian piano modificavo sempre più per rappresentare le immagini che avevo in mente. 

La mia attitudine artistica deriva in parte anche dalla mia famiglia, in particolare da mio padre.
Da ragazzo, prima che io nascessi, realizzava delle bellissime fotografie su pellicola (tra le poche cose non mie appese nella mia casa di Milano). La mia cameretta da bambino è stata prima la sua camera oscura. Quella dove da solo, come ora succede a me quando dipingo, lui creava la sua arte. Anche la mia abilità manuale la devo a lui. Dopo avergli “rubato” la camera oscura riempiendola di copertine colorate, biberon e giocattoli, ha portato avanti la sua passione per il modellismo e quando sono cresciuto spesso, la sera, condividevamo insieme alcuni momenti in cui mi ha insegnato la precisione e la cura del dettaglio e la pazienza nel costruire qualcosa. Ricordo ancora la sensazione di vedere un modello assemblato finito dopo le notti passate a tagliare, limare, incollare e dipingere dettagli microscopici.

Fino ad oggi sono stati tre gli episodi che hanno avuto un ruolo fondamentale nel mio percorso.

Il primo risale a quando ero molto piccolo. 

Ad una cara zia, con la quale sono cresciuto, avevo fatto una di quelle domande spiazzanti e dirette di cui solo i bambini sono capaci: possiamo immaginare tutto quello che vogliamo con la fantasia?

Al suo "Sì", motivato a dovere, ricordo che in testa mi si è aperto letteralmente un mondo: infinite strade e la totale libertà di immaginare tutto quanto avessi in mente, senza pensare fosse possibile o no, giusto o sbagliato.

Il secondo risale al liceo. 

Una professoressa che stimo molto e che per me è stata fondamentale ci aveva lasciato delle fotocopie in cui dovevamo analizzare una poesia. Istintivamente, non sapendo che le dovessimo riconsegnare, ricordo di aver illustrato la poesia e quando le rendemmo indietro lei rimase molto colpita dalla mia illustrazione. Quando andò in pensione le regalai quella stessa immagine, rifatta meglio e incorniciata, e lei si commosse. Avevo capito per la prima volta il potere che la mia arte aveva di “far muovere” qualcosa dentro.

Il terzo ed ultimo ricordo è recente ed è il motivo scatenante di questo mio nuovo percorso artistico.

Successivamente alla pandemia, quando ancora non avevo mai approcciato l’arte astratta, ho avuto un blocco creativo totale. Era come se non avessi più qualcosa di importante da dire perché il mio lavoro artistico, dovuto alla situazione di isolamento che stavamo vivendo tutti, era diventato un mezzo per ricevere un’approvazione, un like, un contatto con gli altri. 

Un giorno però successe un episodio. Mi trovavo a casa di un amico che aveva esposta una tela molto grande completamente nera. Ricordo perfettamente quel momento perché quando la guardai si accese qualcosa nella mia testa. Ho pensato che sarebbe stato bello esprimersi liberamente su quel nero perfetto, senza motivo, solo per vedere il contrasto di un colore, il tratto della vernice. Solo per esprimersi in totale libertà senza nessuna importanza che quello che avrei fatto venisse apprezzato oppure no. All’istante provai un senso di libertà fortissimo. 

È stato l’inizio della nuova strada su cui adesso cammino.

Cosa fai quando non dipingi?

Per tornare sul tema del cibo amo molto cucinare e inventare nuove ricette. Penso i piatti partendo dall’immagine dell’accostamento degli ingredienti o dai colori. É qualcosa che mi rilassa molto e mi permette di condividere il tempo con chi voglio bene. 

Anche se sto molto bene da solo a leggere o a guardare documentari sugli animali, ho molto bisogno della socialità. Mi piace passare il tempo con le altre persone, conoscerle, scoprire cose che non so e ridere insieme.

Mi piace molto giocare a basket. Non ho mai avuto una formazione agonistica ma è uno sport che pratico sin da piccolo e mi permette di esprimermi creativamente con il mio corpo e al tempo stesso di tenermi in forma e stare a contatto con gli altri.

In estate, poi, il mare è il mio elemento. Mi perdo nuotando con maschera e tubo nei fondali delle mie spiagge a Messina per poi rilassarmi sotto il sole caldo, guardando i gabbiani su di me e immaginando già il gusto della prossima granita che prenderò.

 

DOVE TROVATE GABRIELE BONAVERAGabriele Bonavera ritratto

Instagram: gabriele_bonavera
Sito web: gabrielebonavera.com/Paintings

Mimì in Cocotte

Martina Tripi
martinatripi@hotmail.it